Il sistema sicurezza e l’evoluzione della responsabilità del committente nella normativa e nella giurisprudenza

Il sistema sicurezza e l’evoluzione della responsabilità del committente nella normativa e nella giurisprudenza

La giurisprudenza dominante, nell’escludere l’automatica responsabilità del committente, la riconduce a quelle ipotesi in cui emergano elementi idonei ad affermarla, partendo da un’analisi dell’effettiva posizione assunta dal committente nella dinamica dell’evento e nell’intero ciclo produttivo.

 

Premessa: gli obblighi del datore di lavoro committente

Il D.Lgs. 81/2008 sulla sicurezza sul lavoro si occupa del contratto d’appalto all’art. 26 prevedendo che il datore di lavoro – committente che intenda affidare a terzi lavori, servizi e forniture da eseguirsi all’interno della propria azienda, delle singole unità produttive, o nell’ambito del ciclo produttivo aziendale, “sempre che abbia la disponibilità  giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo” – debba rispettare cinque obblighi previsti nei primi tre commi:

  • valutare l’idoneità tecnico professionale dell’appaltatore;
  • adempiere agli obblighi informativi attraverso dettagliate indicazioni sui rischi specifici propri dell’ambiente in cui i lavoratori si troveranno ad operare e sulle misure di prevenzione necessarie;
  • preoccuparsi del coordinamento e della cooperazione;
  • redigere il DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali).

L’obbligo di valutare l’idoneità tecnico professionale dell’appaltatrice, si risolve, in concreto, nell’ acquisizione del certificato d’iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato e dell’autocertificazione dell’appaltatore attestante il possesso dei requisiti d’idoneità tecnico professionale. Ben più impegnativo appare, quanto meno nella fase precontrattuale, l’obbligo informativo che deve essere assolto attraverso dettagliate informazioni sui rischi specifici cui saranno esposti i lavoratori nel corso del rapporto, anche nell’ottica d’isolare tutte le informazioni necessarie all’individuazione dei c.d. “rischi interferenziali”.

Sarà poi onere di tutti i soggetti coinvolti ed in particolar modo del committente, come vedremo, quello d’alimentare costantemente i flussi informativi durante lo svolgimento del rapporto, onde realizzare l’effettività della tutela cui la normativa ambisce. Il monitoraggio del rischio in corso d’opera attraverso un’effettiva vigilanza sui requisiti d’idoneità tecnica e professionale dell’appaltatrice, l’individuazione e gestione dei rischi, anche sopravvenuti, attraverso l’adozione di misure di sicurezza e prevenzione idonee a prevenire gli infortuni e, più in generale, la vigilanza costante del datore di lavoro / committente rappresenta un caposaldo della normativa in tema di sicurezza costituendo il trait d’union irrinunciabile tra le verifiche preliminari e le fasi più “operative” di cooperazione e coordinamento, giungendo all’aggiornamento efficace del DUVRI.

Il terzo comma dell’articolo 26 in esame attribuisce al datore di lavoro / committente il compito di promotore della cooperazione e del coordinamento: è al committente che spetta il compito di dare l’impulso iniziale alla fase di coordinamento, sebbene tutti i soggetti coinvolti siano tenuti a cooperare al fine di realizzare il massimo livello di sicurezza possibile. Tale cooperazione si esplicita soprattutto nell’individuazione delle interferenze intese come sovrapposizione di attività lavorative che determinano un contatto rischioso tra i lavoratori, comportando il dovere di contribuire attivamente a predisporre ed applicare le misure di prevenzione e protezione dall’una e dall’altra parte.

La Suprema Corte ha chiarito che “Ai fini dell’operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all’esistenza di un rischio interferenziale dettati dall’art. 26 D.Lgs. 81/2008, occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro – contratto d’appalto, d’opera o di somministrazione – ma all’effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano nel medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte” (Cass. Pen., sez. IV, sentenza n. 57974 del 29 dicembre 2017).

Come si è detto, la promozione della cooperazione e del coordinamento nell’ambito dell’appalto è rimessa al committente attraverso l’esplicito obbligo di elaborazione del DUVRI, che deve indicare le misure per eliminare ed ove ciò non sia possibile, per ridurre al minimo il rischio da interferenze.

L’incombente presuppone che tutti i soggetti coinvolti nella filiera produttiva segnalino le modalità di svolgimento delle proprie attività ed i rischi connessi, per individuare, sia i pericoli e le insidie che si possono incontrare nell’ambiente in cui si opera, sia le possibili interferenze, sia (e soprattutto) le misure tecniche ed organizzative da adottare per evitare il moltiplicarsi dei rischi.

Il DUVRI, lo si è già accennato, deve avere un carattere dinamico e deve essere aggiornato ogniqualvolta intervengano significative modificazioni delle condizioni di lavoro e/o di sicurezza: quindi, anche laddove subentri una nuova impresa nel ciclo produttivo o si utilizzino macchinari nuovi in relazione a determinati step dello stesso.

La circolare del ministero del lavoro 5/2007 precisa che il Documento Unico deve essere redatto solo in presenza di effettive interferenze; tuttavia, questa interpretazione appare riduttiva se raffrontata all’evolversi della normativa e della giurisprudenza in materia. Semmai, in situazioni in cui all’esito della valutazione non dovessero emergere rischi da interferenza il documento si dovrebbe limitare a darne atto.

La redazione del DUVRI è un obbligo delegabile, ma la delega non esonera il datore di lavoro dalle carenze di sicurezza che attengono a scelte di carattere generale della politica aziendale, o a carenze strutturali e, tra queste, necessariamente rientra la decisione di affidare a terzi lo svolgimento dei lavori.

La responsabilità del committente

La responsabilità del committente non è concepita come alternativa a quella del datore di lavoro, che rimane sempre responsabile della verifica delle condizioni di sicurezza dei propri lavoratori, bensì come vedremo come solidale (benché non automatica).

In relazione ai confini oggettivi del regime di solidarietà, il passaggio dal D.Lgs. 626/94 al vigente Testo Unico si è caratterizzato per l’apertura di un’importante disputa dottrinale. Infatti, l’obbligo di coordinamento e collaborazione nella 626 era stato originariamente previsto solo per gli appalti interni, da svolgersi in locali di cui l’appaltatore avesse la disponibilità materiale o fisica. La successiva L. 296/2006 ha aperto al c.d. “criterio funzionale”, per cui l’ambito di operatività della collaborazione prevenzionale è stato esteso anche agli appalti rientranti nel ciclo produttivo del committente ed a tutte le attività funzionali alla sua organizzazione produttiva, a prescindere dalla collocazione fisica dei locali in cui si svolge l’appalto.

Si deve verificare, di volta in volta, l’effettiva incidenza dei diversi soggetti nell’eziologia dell’evento, le specificità del lavoro da eseguire, i criteri seguiti dal committente nella scelta dei soggetti cui affidare i lavori, la sua ingerenza nel loro svolgimento, il grado di percepibilità da parte di eventuali situazione di rischio, l’adempimento degli obblighi di informazione e formazione circa i pericoli insiti nell’ambiente di lavoro e nella specifica attività affidata a ciascuno, la predisposizione di specifiche misure di coordinamento, nonché l’esistenza di un adeguato sistema di vigilanza e controllo nella gestione dei lavori.

Per comprendere le ragioni di una tale impostazione occorre evidenziare la ratio della disposizione in esame, che mira a tutelare i lavoratori dai rischi definiti come interferenziali, a prescindere dalla contiguità spaziale e dalla pertinenza dei luoghi in cui si svolge la prestazione lavorativa, allorquando in un medesimo contesto si trovano ad operare più organizzazioni a cui corrispondono altrettante posizioni di garanzia (Cass. Pen., sez. IV, n. 30557/2016).

Un’interpretazione siffatta ha il pregio di ricondurre a coerenza i commi 1, 2, 3, da un lato, e il comma 4 dall’altro. Del resto, l’esclusione dei rischi c.d. specifici propri di ciascun appaltatore dall’ambito della responsabilità solidale di cui al comma 4, sta a significare implicitamente il fatto che il legislatore della riforma ha inteso neutralizzare proprio i rischi interferenziali, prescindendo da un’analisi circa il luogo di svolgimento della prestazione, dovendosi piuttosto valutare, caso per caso, l’incidenza delle rispettive posizioni di garanzia nella verificazione dell’evento.

Ma la giurisprudenza va oltre, mossa da un avvertito bisogno di tutela sempre più ampio e afferma che, comunque, anche assolvendo a tutti i doveri prescritti dai primi tre commi dell’art. 26, non può negarsi una responsabilità del committente laddove l’inidoneità tecnica della appaltatrice emerga con riferimento alle concrete circostanze di fatto, impedendo alla committente di invocare l’esenzione di responsabilità in base a meri elementi formali consistenti, il più delle volte, in semplici autocertificazioni prodotte dalle ditte appaltatrici (Cass. Pen. sez. IV, n. 44131/2015).

L’aspetto più delicato in tema di responsabilità del committente attiene alla fase di coordinamento, specie con riguardo al ruolo di promotore che, come si è visto, la normativa attribuisce esplicitamente a costui: da un lato, infatti, un comportamento eccessivamente invadente del committente rischia di risolversi in una violazione dell’autonomia dell’appaltatore ed in una responsabilità per ingerenza; dall’altro un intervento poco incisivo potrebbe configurare un’omissione agli obblighi di coordinamento.

Con la recente ordinanza n. 9178 del 3 aprile 2023, in linea con precedenti pronunce della Suprema Corte, la Cassazione ha avuto modo di ribadire che, sebbene non si possa esigere un controllo pressante, continuo e capillare da parte del committente, il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro grava anche costui.

Ai fini della configurazione della responsabilità del committente, “occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché all’agevole e immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo” (cfr., ad esempio, Cass. pen., 15/07/2015, n. 44131 e Cass. pen., 18/12/2019, n. 5946);

Analogamente, si richiama Cass. pen., Sez. IV, Sent. 10 settembre 2021 n. 33595 che ha ampiamente analizzato il ruolo del committente nel sistema sicurezza ed i termini in cui la sua responsabilità è configurabile: “il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta appaltatrice, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (…) è titolare di una autonoma posizione di garanzia e può essere chiamato a rispondere dell’infortunio subito dal lavoratore qualora l’evento si colleghi causalmente ad una sua colpevole omissione, specie nel caso in cui la mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini (…)”. Infine, la Corte ha ribadito come “in materia di responsabilità colposa il committente di lavori dati in appalto (impresa appaltante rispetto all’appaltatore, o appaltatore rispetto ai subappaltatori) debba adeguare la sua condotta a fondamentali regole di diligenza e prudenza nello scegliere il soggetto al quale affidare l’incarico, accertandosi che tale soggetto sia non soltanto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa”.

Dunque, la giurisprudenza dominante, nell’escludere l’automatica responsabilità del committente (Cfr Cass. Lav. 1 febbraio 2023 n. 2991), la riconduce a quelle ipotesi in cui emergano elementi idonei ad affermarla partendo da un’analisi dell’effettiva posizione assunta dal committente nella dinamica dell’evento e nell’intero ciclo produttivo.

In quest’ottica, il riferimento ad utilizzi contra legem dello strumento dell’appalto, anziché del contratto d’opera, per attuare un decentramento fisiologico, o dell’interposizione fittizia di manodopera, anziché dell’appalto non genuino è irrilevante: la posizione di garanzia dei soggetti coinvolti nell’esecuzione dei lavori viene di volta in volta ricostruita sulla base dell’effettivo assetto organizzativo e dell’incidenza concreta delle azioni o omissioni di ciascuno all’eziologia dell’evento, senza che situazioni di carattere prettamente giuslavoristico possano incidere sulla ripartizione delle responsabilità che vengono spesso rinvenute per culpa in eligendo.

Generalizzando, si ritiene che il committente risponda tutte le volte che il rischio sia palese e percepibile (Cfr. Cass. pen., sez II, 26 aprile 2016, n. 35185; Cass. pen., sez. IV, 25 settembre 2009, n. 37840Cass. pen., sez. IV, 21 dicembre 2010, n. 44881Cass. pen. sez. IV, 20 settembre 2012, n. 36284), quando non abbia esercitato il necessario controllo, consentendo l’inizio dei lavori in presenza di situazioni di fatto pericolose (Cfr. Cass. pen., sez. IV 25 settembre 2009, n. 37840) e in mancanza di idonee misure di prevenzione (Cfr. Cass. pen., sez. IV, 25 settembre 2009, n. 37840).

La responsabilità del committente può discendere anche da una sua ingerenza nell’attività dell’appaltatore, con la precisazione che non può ritenersi, in tali casi, che la responsabilità solidale sia estesa anche a fatti imputabili in via esclusiva a quest’ultimo. Tale responsabilità è stata affermata quando le richieste del committente risultavano talmente pressanti da “compromettere ogni attività ed autonomia dell’appaltatore”, che sarebbe così stato ridotto ad un nudus minister (Cfr. Cass. Civ. sez. II, 31 marzo 1987, n. 3092 in Giust. civ. Mass. 1987, fasc.3; Cass. Civ. sez III, 11 febbraio 1980, n. 970 in Giust. civ. Mass. 1980, fasc. 2.); nonché a fronte della messa a disposizione dei dipendenti dell’appaltatore di mezzi di lavoro non idonei (Cfr. Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2012, n. 9441), quando lo stesso committente abbia mantenuto ed esercitato i poteri direttivi seguendo le varie fasi delle lavorazioni (Cfr. Cass. pen. sez. IV, 15 novembre 2012, n. 44829Cass. pen. sez. IV, 1 ottobre 2012, n. 37994), oppure quando lo stesso abbia avanzato specifiche richieste o dato specifiche indicazioni per l’esecuzione dei lavori (Cfr. Cass. pen., sez. IV, 20 settembre 2012, n. 36284) o quando, in un contesto di generale inosservanza delle misure di sicurezza, abbia contrattato tempi di lavorazione ristretti (Cfr. Cass. pen., sez. IV, 26 settembre 2012, n. 37304) e tali da non consentire il rispetto delle regole di sicurezza, oppure quando ci sia stata commistione o confusione tra i dipendenti (Cfr. Cass. pen. sez. IV, 19 settembre 2012, n. 35909) del committente e quelli dell’appaltatore.

Per concludere, diremo che la responsabilità del committente sussiste quando l’inidoneità dell’appaltatore è palese e, nella maggior parte dei casi, la responsabilità viene desunta ex post ove si sia in presenza di un mancato adempimento agli obblighi di sicurezza e, in particolare, di quelli specifici di coordinamento e cooperazione oppure, come detto, in caso di ingerenza nell’esecuzione dei lavori.

 

 

 

 

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